mercoledì 30 marzo 2011

martedì 29 marzo 2011

Voragini

C'è un vuoto dentro di me. Una voragine che non potrà mai essere riempita. Ci sono voluti anni perché me ne rendessi conto. Non lo so da cosa sia dipeso. Forse molti sbagli dei miei genitori nella mia infanzia, forse molti sbagli miei, forse eventi che sfuggono al nostro controllo e che vanno a sommarsi gli uni sugli altri, o forse semplicemente sono nato per essere così. Probabilmente questo è l'unico modo che ho per esistere. Purtroppo non potrò mai verificare il contrario. L'unica cosa certa è che lei è lì. E ci sarà sempre, non importa cosa io faccia, non importa come io cerchi di riempirla di persone di cose, di sentimenti. Lei ci sarà. Non mi abbandonerà mai. Divorerà sempre me stesso e tutto quello che provo a mettere dentro di me per non sprofondare nel nulla. Perché è questo quello che lei cerca di fare, portarmi alla massima entropia, annullare la mia volontà di conoscere, di sperimentare, di vivere. Non posso essere migliore di così, non posso evitare di sentirmi in questo modo (o di non sentire niente, nel caso peggiore, cioè quello in cui lei vinca). Però posso imparare a usarla, posso imparare a renderla utile per la mia vita nella comprensione delle altre persone. Anche lo scarico di una doccia non si riempie mai, è un buco senza fondo, però ci è utile per far andare via l'acqua.
Io posso imparare a usare il mio dolore di vivere a mio vantaggio.
Io posso imparare a volermi bene.

lunedì 21 marzo 2011

a story about love & life

Un amico, che la sa lunga sui rapporti tra uomo e donna per esperienze dirette (sua ammissione) una volta mi raccontò una storia. Un ragazzo e una ragazza si incontrano, si conoscono, si innamorano. Fino a qui sembra semplice, ma non è così. Perché entrambi erano già impegnati in una storia che durava da molto tempo. Per paura o per abitudine, nessuno dei due ebbe il coraggio di lasciare subito il proprio compagno per vivere pienamente la nuova storia d'amore. Se non altro erano stati onesti con i loro partner, non portando mai la cosa oltre un piano platonico. Nonostante questo dopo qualche mese credendo che tutto fosse ormai inevitabile, entrambi riuscirono a chiudere la storia con i loro compagni precedenti. Finalmente solo loro due. Una di fronte all'altro, nessun ostacolo a frapporsi tra loro e l'Amore che avevano lungamente atteso. Invece qualcosa non funzionò lo stesso. L'aver atteso tanto tempo, aveva frustrato e indebolito i loro sentimenti, che forse si mantenevano forti solo in quanto contrastati dalla situazione avversa. Quando era venuto il momento di amarsi liberamente, senza drammatiche barriere, nessuno dei due era più innamorato dell'altro. Qualcosa si era rotto, qualcosa si era logorato talmente tanto che i loro cuori ormai non potevano più combaciare. La magia si era spezzata, l'amore era andato perduto, tutto si era spento sprofondando in un grigio indistinto. Non provavano più niente. Non erano nemmeno più amici.
Il mio amico alla fine di questa storia aggiunse una considerazione morale alla sua "parabola" sull'amore perduto. Non era necessario perché forse in effetti era un insegnamento banale da cogliere e in ogni caso avevo già capito dove volesse andare a parare raccontandomi questo, ma disse ugualmente: "L'amore non è un'equazione, come pensi tu nella tua testa da arido ingegnere calcolatore, uno più uno non fa sempre due. Devi imparare a vivere il momento quando c'è. Non puoi prevedere, non puoi programmare, devi solo lasciarti andare. Le cose si rompono, le persone muoiono (e lui lo sa bene) devi vivere quello che hai da vivere adesso, non rimandare le scelte, non pensare che le cose resteranno sempre come sono perché non puoi sapere se domani respirerai ancora".
Inizio a credere che avesse ragione.
L'amore è come una pianta che si secca se non la bagni? Se davvero funziona in questo modo, immagino che la sua forza dipenda da quanto sono profonde le radici nel nostro cuore.
L'amore va nutrito? L'amore si può ricostruire? L'amore si può salvare? Non lo so. Non so come si faccia a salvare un amore. Non so neanche se sia realmente possibile una cosa del genere in certi casi, ma di certo posso dire di essere un esperto dei modi con cui ucciderlo.

Tip of the day #2

Un uomo che vuole scopare una donna tende a chiudere completamente tutto il suo senso critico verso il mondo, giustificando ogni follia psicotica emessa dalle corde vocali della suddetta, e finendo per assecondarla in tutto e per tutto pericolosamente.

domenica 20 marzo 2011

Tip of the day #1

Non parlare male di una persona se c'è la possibilità che questa persona lo venga a sapere.

a Beautiful day

L'inutilità delle persone-sasso raggiunge livelli che non si pensava l'umanità potesse mai conoscere.

venerdì 18 marzo 2011

Non c'è niente di peggio

Non c'è niente di peggio di dipendere dalle altre persone.
Non c'è niente di peggio di aspettare invano.
Non c'è niente di peggio di avere la vita in pausa mentre si attende una risposta.
Non c'è niente di peggio di andare a dormire senza speranza.
Non c'è niente di peggio di non dormire per questo motivo.
Non c'è niente di peggio di aver dato tutto, e non ricevere indietro nulla.
Non c'è niente di peggio di essere “l'altro”, il sostituto, il ripiego, la spalla emotiva, quello con cui parlare, quello che c'è sempre.
Non c'è niente di peggio che le altre persone pensino che siano le uniche a stare male.
Non c'è niente di peggio di amare e non essere amati.
Non c'è niente di peggio di sentirsi dire “restiamo amici” quando si è innamorati.
Non c'è niente di peggio di prendere il proprio cuore, metterlo in un piatto, e aspettare che un'altra persona ci pianti dentro un pugnale affilato, e poi lo calpesti gettandolo infine nel bidone della spazzatura.
Non c'è niente di peggio di un buono che diventa cattivo.

mercoledì 16 marzo 2011

Maledizione

La luna splendeva alta nel cielo intorbidito dalla nebbia. Si stava sforzando di conservare la lucidità, ma era impossibile con tutto quel sangue che scendeva copioso dal suo petto. Non voleva cedere, altrimenti tutto sarebbe stato inutile, tutta quella guerra non sarebbe servita a nulla. Si spostò una ciocca di capelli impregnata di sangue dal viso. Aveva combattuto, aveva dato il meglio di se stessa, ma non era stato sufficiente. E ora non poteva stringere tra le mani la vittoria perché non era più in grado nemmeno di tenere dentro di se la vita. Respirare iniziava a essere sempre più difficile. Si sedette sulla terra morbida appoggiandosi al tronco di un albero. Tutto iniziava ad annebbiarsi. Sentiva freddo, il genere di freddo che preannuncia la morte. Mentre il corpo le si stava intorpidendo, un ultimo pensiero prese forma nella sua mente: vendetta. Non avrebbe mai permesso che chi le aveva fatto questo la passasse liscia! Sollevò una mano, e se la portò al seno, intingendola nel sangue. Guardò la luna, e poi posò lo sguardo sulla sua mano, rossa e fumante per la vita che se ne stava andando. Stava perdendo lentamente i sensi, mentre scivolava sempre di più verso l'oblio, rivide nella sua mente il viso di chi le aveva fatto questo mentre rideva con disprezzo. Si riscosse con decisione. Raccolse le sue ultime energie nella mano che teneva ancora appoggiata alla ferita, strinse il pugno imbrattandolo il più possibile di sangue. Usando il sangue come pigmento, con le ultime forze che aveva, dipinse dei segni sulla nuda terra. Ora non restava che il collegamento pensò. Aveva bisogno di qualcosa che la legasse a quel bastardo. C'era quel ciondolo. Gli era rimasto nell'altra mano, lo stringeva così forte che dalla rabbia se l'era conficcato nel palmo senza neanche accorgersene. Guardò nuovamente i segni che aveva tracciato: un cerchio con una stella a cinque punte inscritta al suo interno. Depose il pendaglio, che aveva strappato al suo nemico, nel centro della stella. Era il momento. Si concentrò, gli occhi l'abbandonavano ma non importava, tra poco tutto sarebbe stato finito, avrebbe potuto riposare. Svuotò la mente, respirò profondamente, il suo corpo venne percorso da dolorose fitte provocate dalle ferite. Doveva mettere tutto nella stella. Sapeva bene come funzionava l'aveva fatto altre volte, ma non così, non prima di morire, non con tutto il suo odio. Ritornò con la mente indietro nel tempo, raccogliendo e unendo in un unico punto della sua anima tutto il dolore, tutta la sofferenza, tutta la disperazione, e tutto l'orrore che avesse mai provato. Dalla profondità del suo corpo, iniziò a sgorgare un urlo. Non era per il dolore della ferita, non era per il corpo straziato dalla lotta e dalle mutilazioni, era per tutte le ingiustizie che aveva dovuto subire, per tutti bocconi amari che lei e il suo popolo avevano dovuto sopportare in quegli anni di schiavitù. E poi lei, ancora. Il viso dolce di bambina. Gli occhi innocenti impauriti. La lama che cala inesorabile su di lei. E l'abito bianco tradizionale, portato dalle minori, spiccare nella pozza di sangue in cui giace riversa. La testa spaccata, gli altri uomini che ridono con disprezzo. Non era una bambina. Era la SUA bambina. Ed era perché altre bambine come la sua potessero avere un futuro che aveva combattuto. Era per questo che aveva tenuto duro, stretto i denti, resistito. Ma aveva fallito, e aveva disonorato il suo popolo fuggendo dopo la sconfitta, senza incontrare un'onorevole morte sul campo di battaglia con tutte le altre sorelle guerriere. Non aveva salvato la sua gente, non aveva difeso le piccole, non aveva protetto le anziane, e ora sarebbero state schiave. Schiave per sempre a servire un tiranno. Non poteva accettarlo. Non avrebbe mai potuto darsi pace. Nemmeno lo spirito della Signora della Notte l'avrebbe mai perdonata, lo sapeva. L'avrebbe incontrata nell'aldilà, e le avrebbe dato la dannazione eterna per tutte le sue mancanze. Ma non sarebbe stata sola, avrebbe portato quei bastardi con lei. All'inferno.
Il male era lì, come una voragine, vorticava su se stesso, separato dal resto dei suoi pensieri, concentrato in un punto della sua mente. La stava perforando, come un tumore stava distruggendo anche lei stessa. Non avrebbe potuto resistere a lungo così, il suo corpo era tenuto in vita ormai solo dal suo desiderio di vendetta, e la sua coscienza era lacerata dal rituale. Immerse di nuovo la mano nel suo sangue. Chiuse il pugno, lo alzò fino alla bocca e ci soffiò dentro il suo ultimo respiro. Poi tremante, colpì con tutta la sua forza il centro della stella, rompendo il ciondolo e riempiendo di schizzi di sangue. Liberò se stessa dal tormento. Riversò tutto il Male che aveva concentrato. Ora la mente e il corpo potevano finalmente trovare la pace. Ora finalmente poteva morire, riposarsi per sempre. Risalendo dalle profondità di quel corpo martoriato, un ultimo grido le si fece strada nella gola. Pochi attimi prima che il desiderato silenzio scendesse nel suo cuore, l'urlo giunse fino alla bocca:
UOMINI! IO VI MALEDICO TUTTI!”

***

Oggi, nessuno si avventura più in quelle lande nebbiose e pericolose. I pochi folli che hanno osato anche solo avvicinarsi al luogo dove morì la regina del Popolo della Notte, giurano di aver sentito ancora oggi riecheggiare le grida della Madre mentre maledice tutti gli uomini per l'eternità.
Si dice che il suo spirito inquieto ancora oggi persista in questo mondo, senza darsi pace, per porre fine nel modo più atroce possibile, alla vita degli uomini dal cuore malvagio che si avventurano in quei boschi. Si racconta anche che coloro che furono maledetti dalla Madre e avevano portato dolore al suo popolo, morirono in circostanze inspiegabili. Uno dopo l'altro scomparvero, e con loro si estinsero anche tutti i loro discendenti, miseramente.

the downard spiral

E alla fine, ho incasinato tutto ancora. Tutto confuso, cola fuori dalla mia testa.

mercoledì 9 marzo 2011

Per essere vivi

Vorrei che fosse più facile. Vorrei non dover provare angoscia a ogni mio respiro. Vorrei che tutto questo cambiasse, vorrei essere diverso, ma non ci riesco. Credo di aver raggiunto il limite. Ancora un passo ed esploderò, non posso più tenere tutto dentro di me ancora per molto. Credevo di potermi abituare a tutto, pensavo che avrei superato qualsiasi cosa. Ma non credevo che sarei mai inciampato in questo. Non immaginavo che avrei potuto soffrire di nuovo così. Se non altro so che nonostante tutto, sono ancora umano. Soffro, quindi sono ancora vivo. Una delle mie paure più grandi è sempre stata quella di svegliarmi una mattina, e non provare più nulla, ne odio ne amore, ne piacere ne dolore, abituato ormai a tutto, a non farmi sfiorare da niente. 
E invece ancora una volta mi sbagliavo. 
Non avevo calcolato, il bambino seduto con la schiena al muro, il viso rigato dalla disperazione senza fondo.

martedì 8 marzo 2011

Monologo schizzoide

Non ce la faccio più ad andare avanti così.
Ma cosa pensavi? Credevi che sarebbe stato facile?
Pensavo di avere una speranza.
Sei un illuso di merda.
Credevo che ce l'avrei fatta per una volta ad essere felice.
Ma non dire cazzate. Tu non sarai mai felice.
Dopotutto potrei anche meritarmelo non credi?
Niente ti è dovuto. E poi comunque anche se trovassi la persona giusta poi non la sapresti apprezzare.
Ma come fai a dirlo?  
L'ho già visto succedere.
Può darsi... Ma scusa, con tutto quello che ho passato... non credi sia abbastanza?
E allora? Pensi che gli altri non soffrano?
Non ho detto questo, non ho mai pensato una cosa simile.
E allora cosa cazzo pretendi? Cosa cazzo vuoi?
Lei, voglio lei.
Ah già. Ma la cosa non è reciproca, coglione.
Non puoi saperlo.
Nemmeno tu, patetica faccia di merda. Sei solo un ingenuo credulone.
Non c'è bisogno di infierire ancora, grazie.
E' solo che non voglio che ti crei false speranze. Sono sempre false le speranze.
In che senso?
Nel senso che sei un idiota.
Ti ho fatto una domanda.
Le speranze sono delle tue certezze che si basano sul nulla.
Non si chiamerebbero speranze altrimenti, non credi?
Chi crede è un povero demente per definizione, e LO SAI.
Non stiamo parlando della creazione dell'universo adesso.
E invece sì, il discorso è lo stesso, ti ostini a credere a qualcosa che non puoi verificare.
Non si può certo aprire la testa delle persone, per scoprire se ricambiano i nostri sentimenti.
Ma si dovrebbe.
Non sarebbe giusto...
Invece è giusto farsi trattare come un cretino, farsi usare, essere un ragazzo part-time.
Non sono mai stato usato. Tutto quello che ho fatto l'ho voluto.
Forse non vuoi ammettere di esserti fatto prendere per il culo?
Non l'ammetterò mai, dovessi morire.
Beh è quello che farai.
Di cosa parli?
Morirai.
Beh tutti dobbiamo prima o poi.
Ma succederà molto presto se continui così. Stupido.
E a te cosa importa?
Mi importa eccome.
Perché?
Perché brutto stronzo... ci sono anche IO qui dentro con TE!

domenica 6 marzo 2011

Non si dovrebbe desiderare

Aspetto fiamme di un altro mattino che finisce
l'aria cerca di gelare un pensiero che non muore
non può morire, non vuole morire
non può spegnersi dentro

E così in quel tempo segreto
che ci appartiene, ed è solo nostro
tra il tramonto e l'aurora
 

Cerco di strappare le radici di un desiderio affilato
più intensa la luce, più difficile per la falena fuggire
brivido che diventa subito passione, e poi fuga

Scivolando morbida e calda
socchiusa nella zona dove tutto è possibile
vorrei sentire la tua voce, 

sgorgare dalle profondità della terra
incatenato a te, divorandomi il respiro

Pensarci, prenderci, perderci completamente,
abbracciarci come si abbracciano gli alberi
uniti in una tempesta di corpi

Riempiendo tutti i vuoti
colmando tutto ciò che non si può colmare
dimenticando cosa ci fa morire


Cedere nella nebbia
all'incomprensibile e intimo
piacere del Volo

Essere una sola cosa
al di fuori del tutto.

L'idiozia

Ci sono persone che con tutte le loro forze, si impegnano per portare molto prima del tempo, il loro cervello al massimo stato possibile di
e n t r o p i a.

sabato 5 marzo 2011

Ciaosonolamerdasecca

Ciao,
sono un nuovo blog. Ci sono alcune cose che dovresti sapere prima di leggermi. Il mio autore è una persona triste. Apparentemente non lo sembra, ma in fin dei conti lo è. Magari se lo conosci in real-life ti potrebbe sembrare che non sia proprio una merda lagnosa come ti apparirà in questo blog (cioè in ME). Tutti quanti siamo  un po' lagnosi e paranoici è vero, ma lui  lo è particolarmente. Siccome è anche un mezzo-coglione (nel senso che è coglione, ma solo in certi momenti) non ammetterà facilmente di avere un lato emotivo sentimentale che lo porta a scrivere (sul MIO corpo) cose tristi e varie amenità pseudo intellettuali. Cose che lui considera di valore per l'umanità, tanto che le vuole condividere (in ME, oh sì). Questo per dire che in fin dei conti, è inutile che ci raccontiamo favole: Berlusconi non è innocente, Dio e Babbo Natale non esistono e quindi nemmeno i blog parlano (o forse si direbbe che si autoscrivono) avendo vita propria e una loro autocoscienza. Dimenticavo di dirvi che il mio autore si odia molto, e vi odia tutti  quanti indistintamente.

venerdì 4 marzo 2011

...

E io intanto rimango qui
a cercare di non fare l'amore
con quegli occhi
che non mi lasciano in pace

Foglie secche

Come una carezza di vento
lentamente le mie mani
scivolano sul tuo corpo
di foglie secche

impossibile tornare a quando
di te non conoscevo che gli occhi
impossibile non pensare
a quel brivido inaspettato

anche se ora la mancanza
del tuo caldo abbraccio
di notte mi rovista l'anima
rivelando vuoti mai colmati

Riflessioni notturne sulla vita, l'universo e tutto il resto

E' sconcertante come qualunque cosa si faccia nella vita, qualunque strada si scelga di intraprendere e qualunque cosa ci possa accadere, alla fine tutta la nostra felicità ed equilibrio si basa su un concetto semplicissimo. L'avere una persona vicino e stare bene con lei. Tutto quello che potrete avere, tutto quello che potrete ottenere nella vita, tutto quello che potete raggiungere non vale neanche un grammo di quella che è la vera felicità. Potete avere soldi, potete avere, fama, successo, potere, piaceri, lussi, tutto quello che volete. Ma non saranno mai come l'essere amati dalla donna che anche voi amate. Puoi dire di essere felice solo in pochi veri momenti nella vita. Uno è in quel breve attimo in cui, appena finito di fare l'amore, guardi negli occhi la donna che ami, distesa a fianco a te, ancora sudata, ancora senza fiato, la vedi sorridere, vedi l'amore nei suoi occhi, un amore totale e completo per te. E ti viene da piangere perché capisci una cosa: cioè che lì, ora adesso, tu hai tutto. Non potrai mai desiderare una cosa più bella di quella, non c'è altro di cui hai bisogno, hai tutto, hai la pace. Hai la Felicità.

Incipit

Ero solo quel venerdì sera. Ero solo come ogni venerdì sera. Da dieci anni, alla stessa ora, sedevo al bancone di quel pub per bere la mia birra. Dieci anni da quando se ne era andata. Niente era stato più lo stesso. Niente era rimasto in piedi di me.

Il giorno che mi abbandonò, tutto quanto prese a sgretolarsi lentamente nella mia vita, capii troppo tardi che era solo la sua forza d’animo a tenere insieme tutti pezzi della mia esistenza. Ma ormai se n’era andata per sempre. Non avevo avuto nemmeno il tempo di ringraziarla, di stringerla ancora un volta e dirle quanto fosse stata importante per me in tutti quegli anni. Ero stato così cieco da non accorgermi che tutto quello che avrei dovuto fare, era solo starle vicino. Ma ero troppo impegnato. Lavoravo venti ore al giorno per cercare inutilmente una cura.

Il giorno che se ne andò tutta la consapevolezza di non avere più uno scopo nella vita gravò su di me inesorabilmente. Non riuscii mai ad accettare quella sentenza di morte. I medici fin dal principio dissero che non c’era niente da fare. Un tumore di quel tipo, così violento, così mutageno, non l’avevano mai incontrato prima. Tutte le cure virali note al tempo erano inadatte a fermare la devastazione incontrollata delle sue cellule. Lavoravo giorno e notte per capire come sviluppare una cura efficace, per capire come creare una infezione virale talmente potente da aggredire tutte le cellule tumorali in una sola ondata, e stabilizzarle introducendo materiale genetico antitumorale.

Dopo mesi di agonia da parte sua, e di sforzi da parte mia. La mia ricerca giunse a compimento. Ci ero riuscito. Finalmente avevo trovato il modo di raggiungere il mio intento. Ma non bastò. Era troppo tardi per salvarla, la malattia ormai era in tutto il suo corpo, aggrediva tutto di lei. Il suo viso che era sempre stato luminoso e splendente, iniziava a ingiallire e a decomporsi lentamente dall’interno. Gli occhi azzurri dalle sfumature grigio-verdi avevano perso di lucentezza, ed erano oramai quasi spenti. La sua bocca non riusciva più a sorridere con la grazia di quando ci eravamo conosciuti per caso cinque anni prima. Da mesi ormai era costretta a letto perché le sue ossa erano diventate troppo fragile per consentirle di muoversi senza che si rompessero in mille pezzi. In mille pezzi. Proprio come la mia vita dopo quel giorno.

Era un giorno di aprile quando successe. La cura che avevo messo a punto era nella flebo accanto al suo letto e fluiva lentamente nel suo braccio inutilmente. Dalla finestra socchiusa giungeva tiepido e tenue il profumo della primavera. La natura rinasceva dal gelo dell’inverno. Ma in quella stanza la morte vinceva su tutto. E giorno dopo giorno stava trascinando con se l’unica cosa che avevo amato davvero nella mia vita. Mi stava guardando con quei suoi occhi che erano stati un tempo dolci, ma che diventavano sempre più stanchi. Mi fece un cenno. Ormai parlare era diventato persino doloroso per lei. Mi avvicinai a letto, le presi la mano. Avvicinai la mia testa a quello che restava della sua, un tempo bellissima, ora il ritratto della sofferenza. Voleva sussurrarmi qualcosa. Gli occhi le si riempirono di lacrime. Strinse la mia mano con le poche forze rimaste, e disse: “Io ti amo, ti ho sempre amato, ma non ci sarò per sempre, tutto quello che voglio, è che ti rifaccia un’altra vita. Voglio che tu sia di nuovo felice come lo siamo stati tanto tempo fa…”. Anche i miei occhi si riempirono di lacrime. Era la fine. L’aveva capito anche lei. La cura non stava funzionando. Non avrebbe mai funzionato, era troppo tardi. “Non è vero... vedrai che andrà tutto bene...” provai a di contraddirla, ma mi zittii. “Taci” sussurrò “Lo sai che non mi puoi mentire” disse lentamente “Lo leggo nei tuoi occhi, questa è la fine”.

“Ti amo” fu tutto quello che io riuscì ad aggiungere prima che la scintilla della vita si spegnesse per sempre nei suoi occhi. Fuori si udirono le grida di alcuni bambini che giocavano. La vita continuava. Ma non in quella stanza. Non per me. Non potevo accettarlo. Ne in quel momento ne mai, avrei potuto farmene una ragione.

Dovevo trovare un modo.

Dovevo trovare un modo per riaverla. Se anche solo avessi potuto, avrei dato la mia vita per riportarla in vita. Era comunque come se fossi morto senza di lei.

Ma certo.

Quel pensiero è stata l’unica cosa a darmi uno scopo in questi dieci anni.

E adesso sono qui per decidere, se vale davvero la pena di sfidare Dio, il mondo e tutto ciò che è giusto, per portare a termine il mio progetto.